Quando si parla di dialetto Napoletano non ci si può limitare al solo lessico, questo è il contenitore di una filosofia, di un modo di vivere e di essere che ci trasporta in un mondo a sé stante.
Non vorrei apparire campanilista dato che le mie origini, da parte di padre, sono napoletane: mio nonno aveva lo studio dentistico a piazzetta del leone a Mergellina e mio padre nacque in via chiaia. Pare che la scultura di Gemito, di cui mio nonno era amico, conosciuta come “lo scugnizzo” raffiguri mio padre ovviamente da bambino.
Quando arrivi a Napoli vieni avvolto da quella atmosfera che i napoletani sanno creare attraverso il loro carattere e la loro allegria nonostante siano un popolo che, dall’unità d’Italia, ha subito angherie e sopraffazione di tutti i tipi.
Appena annessa al regno sabaudo fu depredata dei macchinari tessili di san Leucio, tra i più moderni in Europa, che vennero prelevati e messi a disposizione della famiglia Marzotto facendone la loro fortuna; subito dopo, il 9 luglio 1864, fu emanato un regio decreto legge che suddivideva i comuni in base al numero degli abitanti in cinque classi: le prime quattro definite chiuse e concentrate al nord, mentre l’ultima detta aperta e caratterizzante i comuni del sud. Detta così, la cosa sembrava fatta solo per fini organizzativi e statistici, ma fu inserita in una norma che riguardava il pagamento delle tasse governative e del dazio comunale di consumo; ovviamente le tasse le pagavano i comuni aperti e ne usufruivano i comuni chiusi.
https://www.sba.unifi.it/upload/scienzesociali/mostre/costruire_italia/dazio_consumo.pdf
Cosa dobbiamo pensare di quei Savoia
Dopo l’assorbimento di questa prima parte, continuerò con un piccolo excursus storico
28 ottobre 2022 Enrico Masucci