Ci siamo: arrivo in perfetto orario e mi fermo, come da prassi, nella sala d’accoglienza (chiamala di accoglienza…mah) un’infermiera mi porge dei moduli da compilare e firmare e cerco, memore di Archimede, un punto di appoggio, forse il mio si chiama Titina, lo cerchi e non lo trovi, così ti devi adattare alla parete o al palmo della mano; necessità fa virtù-
Vengo trasferito in una camera a 2 posti, ma senza bagno, il ragionamento dovrebbe essere stato: chi si deve operare o viene colpito da blocchi intestinali e vescicali, o se la fa subito addosso, così non ci pensa più.
Rilevo che la gentilezza del personale paramedico è decisamente superiore di quello della preospedalizzazione e me ne compiaccio; nel prosieguo mi rendo conto che la gentilezza è tanta, ma la competenza…molto meno. Prima avvisaglia quando mi hanno inserito l’ago necessario per fare prelievi o per inoculare medicinali: si vede che mi hanno raccomandato ed a me ne hanno inseriti 2, uno per braccio. Quando glielo faccio notare, una faccia smarrita mi ha risposto che così era meglio e me li hanno lasciati fino a dimissioni; arriva finalmente il momento e vengo portato in barella in sala operatoria, compio un tragitto durante il quale mi viene in mente Alberto Sordi nel film il medico della mutua, quando durante un trasporto in ambulanza si chiede come faccia un paziente a sopravvivere e così io. Dopo vari sballonzolamenti (il portantino però è simpatico) arrivo in una stanza gelida e mi informo se ero nella sala operatoria o in quella mortuaria.
Arriva il chirurgo e finalmente si respira aria di professionalità, applicano l’anestesia locale e tra una chiacchiera e l’altra con cui ci intratteniamo con il chirurgo, scambiandoci anche battute con relative risate, tanto che alla fine si compiace con me perché ha passato il tempo divertendosi (io un po’ meno), vengo riportato in una stanza diversa dalle precedenti ma con bagno annesso. Prima di andar via si raccomandano di rimanere immobile per tutto il giorno e soprattutto di non muovere il braccio sinistro, mi lasciano delle pasticche sul comodino dicendomi di prenderle ma non spiegandomi come, visto che vengo lasciato solo ed immobile; finalmente si affaccia qualcuno e con il suo aiuto mi impasticco. Qualcuno nota le mie difficoltà respiratorie e mi prescrive un prelievo arterioso che chi non lo ha mai fatto non può capire quanto sia doloroso anche se tutto fila liscio; a me le infermiere 3 (ad un certo punto ho chiesto loro se erano specializzande, ricevendone uno sdegnato diniego) hanno cercato di trovare il punto giusto e a mo’ di sfida tra loro hanno cominciato a bucare senza successo, tanto che ad un certo punto ho ricordato loro che ero lì in qualità di paziente e non di cavia, invitandole a soprassedere. Il seguito potete immaginarvelo, non vedevo l’ora di essere dimesso, anche perché la bontà del cibo era così alta che ho preferito il digiuno biblico sommato al ramadan fino a che non sono uscito per tornare a casa.
Pagelle: promosso a pieni voti il personale medico, rimandato il personale paramedico della degenza, bocciato quello della preospedalizzazione
28 gennaio 2023 Enrico Masucci
Il terzo tempo è l’arrivo a casa e lo stupore nel verificare che riesci a sentire distintamente anche lo sbadiglio dell’inquilino del piano terreno. Apri la camicia e intravedi sotto pelle un apparecchio acustico ( la conferma è il cartellino, dimenticato di togliete, con la scritta AMPLIFON).
vero, sento il battito del cuore