Uno degli aspetti maggiormente saliti alle cronache a causa dell’attuale guerra in Ucraina è la dipendenza che l’Unione Europea ha nei confronti delle esportazioni di Gas Naturale dalla Russia: nell’ultimo secolo lo sfruttamento del Gas Naturale come combustibile per “generare” energia è aumentato a dismisura, e, di pari passo, gli Stati Europei, Nord-Africani e del Medio Oriente hanno implementato una enorme rete di gasdotti atta a trasportare questa risorsa dai giacimenti ai consumatori.
I tre maggiori giacimenti di Gas Naturale per riserve sono: il giacimento di South Parse/North Dome, situato nel Golfo Persico e sfruttato da Iran e Qatar, e i giacimenti di Urengoy e di Yamburg, entrambi situati in Russia nella regione della Siberia Occidentale. La relativa stabilità politica della seconda metà del XX secolo in Europa ha dato modo alle grandi aziende estrattrici e di trasporto di investire nella realizzazione di impianti di trasporto del Gas lunghi migliaia di chilometri: è in questi anni che hanno visto la luce i gasdotti sovietici che hanno permesso il trasporto del gas in direzione Siberia -> Europa, dando un impulso determinante all’espansione della rete; in seguito sono infatti anche sfruttati giacimenti situati nel Mare del Nord (da parte di Gran Bretagna e Norvegia), nell’Adriatico (dall’Italia, adesso bloccati), nel Mediterraneo intorno a Cipro (da Egitto, Israele e Turchia) e presso i confini settentrionali del Sahara in Libia e Algeria. Di recente è stato individuato un nuovo giacimento nel Mediterraneo situato ad Ovest della Sardegna, non è ancora operativo e il dibattito politico su quale Stato abbia il diritto di estrarre è ancora in corso.
21 giugno 2022 Francesco Latini
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